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Breve storia della scrittura cinese

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Pagina pubblicata in data 17 ottobre 2023
Aggiornata in data 15 febbraio 2024

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La storia dei caratteri cinesi è antichissima. Esistono un gran numero di leggende riguardo a come è nato il sistema di scrittura cinese, la cui origine è tuttora oggetto di discussione fra gli storici, cinesi e occidentali. Un sistema di scrittura che è il più antico ancora in uso oggi.

Il sistema di scrittura cinese appare pienamente sviluppato nella seconda parte della dinastia shāng (14°-11° sec. a.C.). Di questo periodo abbiamo numerosi esempi di scrittura su ossa e gusci di tartaruga, per la maggior parte in forma di brevi testi divinatori (ne ho scritto nell'articolo "La regina dimenticata") chiamati 甲骨文 jiágǔwén.
Le ossa oracolari venivano gettate nel fuoco, o esposte a una fiamma. Il surriscaldamento creava delle crepe, delle spaccature o delle fessure sulla superficie dell'osso. Questi "segni" venivano poi interpretati da una sorta di oracolo, di indovino/a, per dare indicazioni sul futuro.
I responsi venivano poi scritti sull’osso stesso, divenendo per noi una preziosa testimonianza delle preoccupazioni, dei desideri, dei sogni della società shāng.

Della stessa epoca disponiamo di un certo numero di iscrizioni presenti su oggetti in bronzo. Il primo tipo di scrittura è conosciuta come "scrittura su ossa oracolari", il secondo tipo è conosciuta come "scrittura su bronzi".

Questi esempi di scrittura mostrano come quest'ultima aveva raggiunto un certo grado di maturità. Sulla base delle testimonianze archeologiche oggi disponibili, si può pensare che la codifica del sistema di scrittura cinese sia avvenuta durante la prima parte della dinastia shāng o durante l'ultimo periodo della dinastia xià (2195 a.C. - 1675 a.C.).

Fin da subito il sistema di scrittura cinese è stato morfemico: cioè, quasi ogni carattere rappresentava (e rappresenta) un singolo morfema. La stragrande maggioranza dei morfemi dell'antico cinese era monosillabico, cioè ogni carattere rappresenta una singola sillaba.

La scrittura cinese differisce dai sistemi di scrittura basati su sillabe. Questo perché le sillabe omofone sono rappresentate da differenti caratteri quando hanno un significato differente.
Per esempio, shǒu "testa" e shǒu "mano" sono rappresentati da differenti caratteri anche se sono oggi e sono stati in passato omofoni (per quanto si riesce a tornare in dietro nel tempo).

I primi esempi a nostra disposizione della scrittura cinese mostrano che ha avuto un'origine fondamentalmente pittografica. Nei primi stadi del suo sviluppo, è chiaro che il meccanismo principale per la creazione di caratteri era disegnare una raffigurazione del concetto che si voleva rappresentare.
Più il carattere riusciva a rappresentare in modo realistico il concetto e più era complesso e lungo da dipingere.
Con la diffusione e la maturazione del sistema di scrittura questi caratteri sono stati via via semplificati.

Non tutti i concetti di una lingua possono essere rappresentati in modo semplice in forma pittorica. Come, ad esempio, i concetti astratti. Questo ha portato a una rappresentazione più "simbolica" per questi ultimi, come lo sono il carattere shàng (sopra, salire) o il carattere xià (sotto).

L'uso della scrittura sulle ossa oracolari non poteva però garantire lo sviluppo di un sistema completo di scrittura. Inoltre, come in tutti i sistemi di scrittura sviluppati, era necessario dare indicazioni sulla pronuncia.

La rappresentazione dei suoni, dei concetti astratti o degli elementi grammaticali non era particolarmente facile da rappresentare attraverso una forma pittorica dei caratteri.

Fu così sviluppato un meccanismo per la formazione dei caratteri: il meccanismo della composizione fonetica. Un meccanismo di questo tipo consiste di un elemento semantico combinato con un secondo elemento usato per indicare la pronuncia del nuovo carattere (lo vedremo fra qualche riga).

Se le testimonianze scritte della dinastia shāng consistono in ossa oracolari, le testimonianze scritte della successiva dinastia 西週 xī zhōu (zhou occidentale) e nel successivo periodo delle Primavere e degli Autunni, 春秋時代 chūnqiū shídài, (770 a.C. - 476 a.C.) consistono in iscrizioni su oggetti di bronzo.

La scrittura cinese dopo la nascita dell’impero

Durante la dinastia zhōu (1100 a.C. - 256 a.C.) nelle province si diffusero diversi stili di scrittura, finché nel 221 a.C. il primo imperatore, 秦始皇帝 qín shǐ huángdì (260 a.C. - 210 a.C.), unificò la Nazione, imponendo la "scrittura del piccolo sigillo", 小篆 xiǎozhuàn, in tutte le province.

I caratteri oramai sono più semplici. Progressivamente hanno iniziato a perdere alcune delle loro "caratteristiche pittoriche". Questo fu dovuto al sempre maggiore uso della scrittura in una società sempre più complessa, e al conseguente bisogno di razionalizzare la struttura dei caratteri per facilitarne la diffusione.

L'opera di riforma della società cinese iniziata da 秦始皇帝 qín shǐ huángdì diviene uno spartiacque nella storia della scrittura cinese. Il nuovo impero qín si impegnò a tal punto nella riforma della scrittura che oggi è considerata come l'antenata di tutte le successive forme di scrittura cinese.

Con la fine della dinastia qín e l’inizio della dinastia hàn, divenne popolare la lingua utilizzata per l'amministrazione dello Stato. Con il 1° secolo a.C. comincia ad apparire una nuova forma di questa scrittura, caratterizzata da uno stile di pennello più ondulato e regolare. Questo nuovo stile si diffuse velocemente in tutti i livelli della società e con il passare del tempo portò sul finire della dinastia hàn alla comparsa del sistema che diventerà di fatto lo standard che arriverà fino ai giorni nostri, chiamato 楷書 kǎishū. Di questo sistema l'esempio più maturo del 楷書 kǎishū lo troviamo con l'opera del calligrafo 王羲之 wángxīzhī (303 d.C. – 361 d.C.).

Giunti a questo punto tutti i tentativi di preservare la natura pittografica dei caratteri furono abbandonati. Nasce una versione drasticamente "sfrondata" rispetto alle forme di scrittura più antiche.

L’altro sviluppo importante nella storia della scrittura cinese che avvenne sempre in questo periodo è l’apparizione della scrittura corsiva, conosciuta come 草書 căoshū. Le radici di questo sviluppo possono essere già osservate nella scrittura popolare qín, dove alcuni caratteri vengono scritti in un modo particolarmente fluente e abbreviato. La scrittura corsiva era un sistema di scrittura radicalmente semplificato, nel quale i tratti erano liberamente uniti insieme allo scopo di permettere di scrivere con la massima velocità possibile. Una scrittura corsiva pienamente indipendente sembra che si sia formata nell’ultima parte del primo secolo a.C.

L’estrema semplificazione della scrittura 草書 căoshū la rese difficile da leggere, e in questo modo ne ridusse la sua praticità. Questa è la ragione per la quale divenne popolare un’altra forma di scrittura, intermedia tra la 草書 căoshū e la 楷書 kǎishū. Questa scrittura, chiamata 行書 xíngshū, scrittura corrente, adotta molte delle caratteristiche della scrittura corsiva ma nei suoi elementi fondamentali rimane molto più vicino al 楷書 kǎishū, rendendolo molto più utile alla persona media come mezzo per la stesura di documenti e nella scrittura di lettere personali.

Entrambe queste scritture (楷書 kǎishū e 行書 xíngshū) furono ampiamente usate durante la dinastia hàn. La prima come scrittura formale e ufficiale, la seconda principalmente come mezzo ausiliario e informale per scrivere bozze e lettere.

Nel periodo della dinastia táng (618 d.C. - 907 d.C.) 楷書 kǎishū e 行書 xíngshū erano diventate le due scritture prevalenti.

Da allora i caratteri sono rimasti quasi invariati fino al 1956, quando si ha un'importante semplificazione volta ad aumentare il tasso di alfabetizzazione della popolazione della neonata Repubblica Popolare Cinese.

Oggi nella Repubblica Popolare Cinese sono in uso i così detti "caratteri semplificati", mentre a Hong Kong, Macao e Taiwan si usano ancora i caratteri precedenti la semplificazione del 1956, denominati "caratteri tradizionali".

Xu Shen il calligrafo

La dinastia hàn vide anche la nascita dello studio sistematico della scrittura cinese. Il calligrafo 許慎 xǔ shèn (58 d.C. - 148 d.C. circa), che visse durante la dinastia 東漢 dōnghàn (Han orientale), durante la sua vita fu riconosciuto dai suoi contemporanei come uno dei più eminenti studiosi dei 五經 wǔjīng, i cinque classici.

Il suo nome è passato alla storia per il suo lavoro di studio sul sistema di scrittura che ha raccolto nell'opera 說文解字 shuōwén jiězì, nella quale ha analizzato 9353 caratteri. Di quest'opera non c'è una traduzione ufficiale, il titolo può essere reso "Spiega i segni e svela le parole scritte" o "Spiegazione dei segni e analisi dei caratteri".
許慎 xǔ shèn con la sua opera riuscì a mostrare come la grande maggioranza dei caratteri cinesi non erano simboli grafici puramente arbitrari, ma erano piuttosto costituiti da un numero di componenti relativamente piccolo e che, usando il sistema dei radicali, i caratteri potevano essere sistemati in un modo ragionevolmente logico.
Per la prima volta la società cinese di allora era in possesso di una teoria della scrittura per sviluppare e analizzare la scrittura stessa.

Basando la sua analisi dei caratteri sullo stile del piccolo sigillo, li raggruppò in sei grandi gruppi (il titolo della sua opera riflette proprio questa suddivisione).

I caratteri cinesi possono essere suddivisi in due grandi categorie: caratteri semplici e caratteri composti.
I caratteri semplici rappresentano delle immagini stilizzate delle cose che vogliono indicare (come gli antichi pittogrammi): rén ("uomo"), shān ("montagna"), ("sole"); oppure sono simbolici: ("grande", che rappresenta un uomo con le braccia spalancate), xiǎo ("piccolo", stilizzazione di un uomo rattrappito, con le braccia lungo i fianchi).
I caratteri composti si dividono in due sottocategorie: aggregazioni logiche e aggregazioni fonetiche.

L'opera del 說文解字 shuōwén jiězì propone una suddivisione più articolata dei caratteri, suddivisi nei 六書 liùshū, "I sei principi della scrittura", di cui solo quattro sono coinvolti direttamente con la struttura del carattere.

I primi due principi, 象形 xiàngxíng (pittogrammi) e 指事 zhǐshì (ideogrammi), si riferiscono a caratteri semplici e sono di natura non-fonetica.

I caratteri 象形 xiàngxíng sono pittogrammi. In un senso o nell’altro essi sono le rappresentazioni visuali di oggetti concreti.

I caratteri 指事 zhǐshì non sono pittografici, spesso sono rappresentazioni piuttosto astratte di parole; le parole che appartengono a questa categoria generalmente non si riferiscono a oggetti fisici ma a vari concetti astratti e relazionali.
Parole come shàng (sopra, salire) o xià (sotto, scendere) e certe altre parole difficili da dipingere in una forma più concreta.

La stragrande maggioranza dei caratteri cinesi appartiene alla categoria chiamata (caratteri composti). Questi sono divisi in due gruppi: i 會意 huìyì e i 形聲 xíngshēng.

La prima categoria è non-fonetica: un carattere 會意 huìyì generalmente ha due componenti grafici i cui significati presi insieme suggeriscono un’altra parola.

形聲 xíngshēng, sono i composti fonetici, e al tempo di 許慎 xǔ shèn formavano il gruppo più grande di caratteri, e ancora oggi è così. Un carattere 形聲 xíngshēng consiste di due elementi, uno dei quali dà un indizio della categoria semantica della parola rappresentata, e l’altro un indizio del suo suono.

許慎 xǔ shèn fa come esempio di questa categoria il carattere , fiume, che nasce dall'unione del carattere shuǐ, acqua, a sinistra e il carattere , potere (essere capaci a fare qualcosa) a destra.
La parte di destra è usata per suggerire la pronuncia del carattere composto. Nella nomenclatura moderna il componente semantico viene chiamato radicale e la parte che riguarda il suono è chiamata fonetica. Le fonetiche solo occasionalmente coincidono perfettamente con la pronuncia del carattere composito nel quale sono usate; ciononostante, i parametri dell’uso fonetico sono sufficientemente stretti per dare una preziosa informazione riguardo la formazione fonologica del cinese dell'epoca hàn.

Le rimanenti due categorie 假借 jiějiè e 轉注 zhuǎnzhù, sono costituite da caratteri originariamente concepiti per scrivere una parola che più tardi è stata presa in prestito per rappresentare il suono di un’altra.

Ricapitoliamo

象形 xiàngxíng - Pittogrammi: sono circa il 3% dei caratteri cinesi e sono una rappresentazione grafica stilizzata dell'oggetto o della cosa. Ad esempio: shān (montagna), yuè (luna), (sole), rén (uomo), (albero).

指事 zhǐshì - Ideogrammi (o simboli indicativi): in questo caso si ha una rappresentazione grafica di un concetto astratto o di un'idea, come ad esempio shàng (sopra, salire) o xià (sotto, scendere). Anche questo gruppo rappresenta solo una piccola percentuale del totale dei caratteri.

- Aggregati logici - 會意 huìyì: sono costruiti partendo da caratteri semplici, di solito pittogrammi. Ad esempio, il concetto tranquillità, pace, è rappresentato dal carattere ān, composto dal radicale mián (tetto) e dal carattere (femmina, donna).

- Le aggregazioni fonetiche - 形聲 xíngshēng, costituiscono circa il 90% dei caratteri cinesi, sono formate da due parti (radicali): una fornisce il significato approssimativo del carattere (radicale semantico) e un’altra un’indicazione della pronuncia (radicale fonetico).
In questi caratteri spesso è possibile indovinare la pronuncia a prima vista (se si conosce già la pronuncia della parte fonetica). Questa corrispondenza, però, non si verifica sempre nel cinese moderno, perché potrebbe riferirsi a pronunce valide in epoche passate.
Un paio di esempi di aggregazione fonetica:
, donna (radicale semantico) + , cavallo (elemento fonetico) = , mamma (carattere finale).
niǎo, uccello + , dente = , corvo.
, sole + yuè, luna = míng, luminoso.
, legno + , legno = lín, bosco.

假借 jiějiè - Prestiti fonetici: nascono come soluzione per rappresentare nuovi concetti senza bisogno di creare nuovi caratteri. Si tratta di caratteri con pronuncia simile alla nuova parola che si vuole rappresentare, modificati.

轉注 zhuǎnzhù - Estensione semantica: questa categoria è molto dibattuta fra gli studiosi della lingua cinese. Si tratta di caratteri che sono simili nella forma e nella pronuncia ad altri e hanno una relazione con questi. Ad esempio, il carattere lǎo (anziano) ed il carattere kǎo (esame).

Dall'alto verso il basso

Ogni carattere cinese è composto da un numero preciso di tratti che devono essere tracciati seguendo un ordine fisso. Se non si segue l'ordine dei tratti, si rischia di disegnare un simbolo incomprensibile o scorretto agli occhi di un cinese madrelingua. Seguire un ordine preciso, inoltre, facilita la memorizzazione del carattere. La regola generale per ricordarsi l'ordine giusto dei tratti di un carattere è: dall'alto al basso, da sinistra verso destra.

Peculiarità dei "caratteri cinesi" è che a ogni carattere corrisponde un significato, un concetto. Non possiamo paragonare i caratteri cinesi alle lettere dell'alfabeto latino. Per scrivere una parola in lingua cinese basta un solo carattere, anche se nel cinese moderno la maggior parte delle parole sono composte da almeno due caratteri.

Quanti caratteri?

Dopo la dinastia hàn, con il diffondersi della scrittura, il numero complessivo dei caratteri aumentò considerevolmente.

Un'altra ragione della moltiplicazione del numero di caratteri fu la natura cumulativa della tradizione letteraria cinese. I caratteri usati per scrivere i testi antichi venivano sempre conservati e inclusi nei dizionari anche se le parole che rappresentavano non erano più in uso da tempo.
Inoltre, alcune parole dialettali furono incluse e perfino parole straniere furono incorporate. Anche nuovi nomi propri, sia toponimi che di persona, arricchirono progressivamente l’inventario dei caratteri. Un altro fattore importante nella proliferazione dei caratteri fu la nascita di varianti nella scrittura della stessa parola.

Uno studio fatto dal 中國社會科學院 zhōngguó shèhuì kēxuéyuàn, negli anni Sessanta, determinò che una normale persona con istruzione a livello universitario che non sia esperta nei campi della letteratura cinese e della storia cinese conosce tra i 3500 e i 4000 caratteri.
Si stima che una tipografia in Cina dispone mediamente di un assortimento di circa 6000 caratteri differenti.

I dizionari

Dinastia hàn, 說文解字 shuōwén jiězì 9353 caratteri.
Dinastia liáng, 玉篇 yùpiān 12158 caratteri.
Dinastia suí, dizionario 切韻 qièyùn 16917 caratteri.
Dinastia sòng, dizionario 廣韻 guǎngyùn 26194 caratteri.
Dinastia sòng, dizionario 集韻 jíyùn 53525 caratteri.
Dinastia míng, dizionario 字彙 zìhuì 33179 caratteri.
Dinastia qīng, dizionario 康熙字典 kāngxī zìdiǎn 47035 caratteri.
Impero di Cina 中華帝國 zhōnghuá dìguó, 中華大字典 zhōnghuá dà zìdiǎn 48000 caratteri.
Repubblica Popolare Cinese 中華字海 zhōnghuá zì hǎi, 85568 caratteri.

I toni

Diventa facile capire che a fronte di un'enorme quantità di caratteri non corrisponde una grande quantità di monosillabi. Questo ha portato a utilizzare il medesimo suono per differenti caratteri che esprimono spesso concetti completamente differenti (puoi leggere a riguardo l'articolo "Taiji Quan, ma come si dice veramente?").

Questo ha portato all'adozione di un sistema di differenziazione del suono, introducendo i toni. Il "cinese mandarino", 普通話 pǔtōnghuà (anche chiamato 國語 guóyǔ) ne ha quattro, più uno neutro.
La definizione di "cinese mandarino" è in realtà fuorviante: non deriva dal cinese usato dai funzionari dell’impero (i mandarini), ma è una lingua nata dal dialetto parlato a Pechino.

Scrittura come arte

In Cina la calligrafia è stata per molto tempo un’abilità che ogni persona di cultura doveva coltivare, in quanto considerata la più nobile delle arti che un gentiluomo erudito doveva praticare.
L’utilizzo del pennello permette di infondere al tratto molteplici sfumature espressive. Questa potenzialità del pennello ha portato spesso i calligrafi a preferire la bellezza e l’espressività dei caratteri rispetto alla loro leggibilità.

Scrittura per tanti popoli

La scrittura cinese è ideografica. Questo vuol dire che, quando si scrive in cinese non si rappresentano dei suoni, come si fa con le lettere delle lingue occidentali. Si indicano, invece, dei concetti espressi attraverso segni convenzionali (i caratteri) che, in genere, non hanno alcuna corrispondenza con la pronuncia a loro attribuita.

Questa caratteristica ha permesso che i caratteri cinesi venissero adottati anche dal popolo giapponese, dal popolo coreano e dal popolo vietnamita. Popoli che parlano lingue diverse dal cinese, e che hanno usato il sistema cinese di scrittura per secoli (e in molti casi lo adoperano ancora oggi), pur leggendo i caratteri con pronunce differenti.

I cinesi stessi pronunciano spesso i caratteri in maniere che variano da regione a regione, ma imparando a leggere e a scrivere hanno la possibilità di comprendersi tramite la scrittura. Quindi, se il numero uno è pronunciato in cinese mandarino, yat in cantonese e tsit in hakka, questi termini derivano tutti da una parola cinese antica comune, e condividono un carattere identico: .

Con una popolazione di circa 1,5 miliardi di persone e 56 diversi gruppi etnici, in Cina coesistono innumerevoli dialetti e varietà linguistiche, più o meno intelligibili fra loro. La cosa curiosa è che i caratteri cinesi sono gli stessi e si scrivono allo stesso modo in tutte le varianti e i dialetti. A cambiare è solo la pronuncia. È proprio grazie a questa sua particolarità che la scrittura cinese, per oltre due millenni, ha fatto da collante per la civiltà e la cultura cinese e non solo.

Le due lingue

La separazione fra la scrittura e la pronuncia ha portato, nel corso dei secoli, alla nascita di due lingue nettamente separate: una letteraria (文言 wényán) e una parlata (白話 báihuà).

La lingua letteraria era esclusivamente scritta, monosillabica e comprensibile alla lettura (ma non all’ascolto). Questa lingua utilizzata esclusivamente dalle classi colte, è stata adoperata fino agli anni Venti del Novecento come lingua della letteratura, in quanto considerata l’unica degna di un letterato (è in 文言 wényán che sono stati scritti i classici della letteratura cinese).

Anche la lingua parlata è stata usata occasionalmente per la composizione di opere scritte, ma solo per la stesura di novelle e romanzi (generi considerati non degni dai letterati), diventando lingua letteraria vera e propria soltanto a partire dal 1919.

Pratica la tua conoscenza.
實履真知
shíjiàn zhēnzhī

Francesco Russo

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BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".

Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).

Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).

Oggi studia, pratica ed insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.

Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.

Nel 2021 decide di dare vita ad una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.

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